Venerdi 4 Luglio 2014
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Cass. civ. Sez. I, Sent. n. 11516 del
23/05/2014.
In sede
di separazione personale giudiziale, il marito chiede che sia dichiarata la
separazione con addebito alla moglie, la quale, in violazione del dovere di
fedeltà, aveva iniziato una relazione adulterina diversi mesi prima di
depositare in tribunale la domanda di separazione.
La Corte
di Appello, riformando in parte la sentenza di primo grado, accertava la
responsabilità della moglie e dichiarava la separazione con addebito alla
stessa, con conseguente revoca dell'assegno di mantenimento.
Secondo
la Corte di Appello, l'addebito della separazione era da ricollegarsi direttamente
alla prova documentale, fornita dal marito, della violazione del dovere di
fedeltà, acquisita mediante la relazione investigativa ed i tabulati telefonici
depositati in atti, dai quali risultava evidente la relazione della moglie in
epoca anteriore alla sua domanda di separazione; d'altro canto, secondo la
Corte, la moglie non era riuscita a provare che la crisi coniugale fosse
anteriore all'adulterio, non ritenendo sufficienti a configurare la
intollerabilità della convivenza, da ritenersi un “mero simulacro”, né i
generici litigi fra i coniugi, né la circostanza che la coppia dormisse in
camere separate.
Proposto
ricorso per Cassazione, la moglie, tra i vari motivi, lamenta la violazione
degli artt. 115 e 244 c.p.c., art. 2704 c.c. ed il vizio di
motivazione, in quanto, nel contestare la relazione
investigativa acquisita in giudizio, ne eccepisce la rilevanza da un punto di
vista probatorio, in quanto era stata redatta da un terzo su incarico del
marito, dunque senza le garanzie del contraddittorio, e l'investigatore aveva
narrato una serie di fatti giungendo a conclusioni del tutto personali, con la
conseguenza che non poteva costituire una prova piena, neanche in ordine alle
date dei fatti fotografati.
La Corte
di Cassazione, con la sentenza n. 11516 del 23/05/2014, nel
rigettare il ricorso, affronta, tra i vari motivi, anche quello relativo all'utilizzo
della relazione investigativa redatta da un tecnico
incaricato da una delle parti del giudizio, evidenziandone la
liceità.
Infatti
in diverse occasioni la Corte ha affermato la ammissibilità e rilevanza di tale
condotta, sia nell'ambito dei rapporti di lavoro, ove è
consentito al datore di incaricare un'agenzia investigativa al fine di
verificare condotte illecite da parte dei dipendenti (fra le altre, Cass. 22
novembre 2012, n. 20613; Cass. 8 giugno 2011, n. 12489; Cass. 14 febbraio 2011,
n. 3590; Cass. 22 dicembre 2009, n. 26991, quest'ultima discorrendo della
facoltà del datore di ricorrere ai mezzi necessari ad assicurare la stessa
sopravvivenza dell'impresa contro attività fraudolente; Cass. 9 luglio 2008, n.
18821; Cass. 7 giugno 2003 n. 9167), sia in materia familiare, ove la
Corte si è limitata ad affermare solamente la non ripetibilità delle relative
spese (Cass. 12 aprile 2006, n. 8512; Cass. 24 febbraio 1975, n. 683).
Nel caso
di specie, secondo la Suprema Corte, il giudice territoriale non si è limitato
a dare credito a mere deduzioni dell'investigatore privato, ma, al contrario,
si è basato su dati del tutto oggettivi: ha potuto accertare,
infatti, sulla base dei tabulati telefonici e delle fotografie contenute nella
relazione, che la violazione del dovere di fedeltà era effettivamente anteriore (estate
2003) alla domanda di separazione
(novembre 2003), e che la
relazione extra coniugale aveva determinato l'intollerabilità della
prosecuzione della convivenza, giustificando così, di per sè, l'addebito alla
moglie responsabile, dal momento che la donn
a non era riuscita a provare in
concreto che l'adulterio era sopravvenuto in un contesto familiare già
irrimediabilmente disgregato (Cass. 14 febbraio 2012, n. 2059; Cass. 7 dicembre
2007, n. 25618).
Svolgimento del processo
Con sentenza del 23 agosto 2012, la Corte
d'appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di
Modena, ha dichiarato l'addebito della separazione ad M.A., escludendone il
diritto all'assegno di mantenimento e dichiarando inammissibile la domanda di
alimenti proposta dalla medesima, per il resto confermando la sentenza di primo
grado.
La corte territoriale ha ritenuto, per
quanto ancora rileva, che l'addebito della separazione derivasse dalla prova
documentale della violazione del dovere di fedeltà, acquisita mediante la
relazione investigativa ed i tabulati telefonici depositati in atti, i quali
palesavano la relazione della moglie in epoca anteriore alla sua domanda di
separazione; nè questa aveva provato l'anteriorità della crisi coniugale, posto
che i generici litigi fra i coniugi, dalla stessa dedotti, rappresentano
accadimenti fisiologici nella vita di coppia inidonei da soli a configurare
l'intollerabilità della convivenza, mentre la circostanza dell'uso di camere separate
non appariva giustificata dalla dedotta ragione della esistenza di una
convivenza solo formale.
Ha aggiunto che, all'udienza di
precisazione delle conclusioni in primo grado del 10 novembre 2011, la M. non
aveva ripetuto la domanda di addebito della separazione al marito, nè le
istanze istruttorie, da ritenersi quindi implicitamente rinunciate, anche
tenuto conto della concorde rinuncia operata al deposito delle comparse
conclusionali.
Avverso la sentenza propone ricorso per
cassazione M. A., affidato a sette motivi. Resiste V.A. con controricorso, nel
quale deduce la nullità della procura per il giudizio, per la sua numerazione
non consecutiva rispetto alla pagina precedente e successiva. La parte
ricorrente ha, altresì, depositato la memoria di cui all'art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
1. - Con il primo motivo, la ricorrente
deduce la violazione ed errata applicazione degli art. 189, 345 e 356 c.p.c.,
ed il vizio di motivazione, per non avere la corte d'appello ammesso i mezzi
istruttori circa l'addebito della crisi al marito, in quanto rinunciati per il
mancato richiamo di essi nelle conclusioni formulate.
Con il secondo motivo, deduce la violazione
ed errata applicazione dell'art. 143 c.c., comma 2, art. 151 c.c., comma 2 e
art. 2697 c.c., nonchè il vizio di motivazione, per avere la sentenza impugnata
addebitato la separazione alla moglie, violando il principio secondo cui la
pronuncia di addebito non può fondarsi solo sulla violazione dei doveri
coniugali, dovendosi invece accertare se tale violazione abbia assunto
efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale, e censurando la
decisione stessa per avere ritenuto provato tale nesso.
Con il terzo motivo, lamenta la violazione
ed errata applicazione dell'art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c., ed il vizio di
motivazione, per avere la corte d'appello ritenuto provata la violazione del
dovere di fedeltà sulla base della relazione investigativa e dei tabulati
telefonici, documenti tuttavia tempestivamente contestati ed inidonei a provare
la circostanza.
Con il quarto motivo, deduce la violazione
dell'art. 146 c.c., comma 25, art. 151 c.c., comma 2, art. 2697 c.c. e art. 115
c.p.c., oltre al vizio di motivazione, per avere ritenuto provato il nesso
causale fra il tradimento e l'intollerabilità della convivenza, ritenendo
sussistente la pregressa situazione di serenità del rapporto coniugale e la
durata adeguatamente lunga dell'infedeltà, fondandosi unicamente sulle
affermazioni del V., e non considerando invece altri elementi cagione di quella
intollerabilità, quali la frequentazione di locali notturni da parte del
marito, il disinteresse sessuale della moglie, la sua depressione.
Con il quinto motivo, deduce ancora la
violazione ed errata applicazione dell'art. 146 c.c., comma 2, art. 151 c.c.,
comma 2, art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., oltre al vizio di motivazione, per
non avere la sentenza impugnata ritenuto la crisi coniugale anteriore al
presunto tradimento.
Con il sesto motivo, lamenta la violazione
degli artt. 115 e 244 c.p.c., art. 2704 c.c. ed il vizio di motivazione, in
quanto la relazione investigativa era stata redatta da un terzo su incarico del
marito, dunque senza le garanzie del contraddittorio, laddove l'investigatore
aveva narrato una serie di fatti giungendo a conclusioni del tutto personali, e
quindi non poteva costituire una prova piena, neanche in ordine alle date dei
fatti fotografati.
Con il settimo motivo, denunzia il vizio di
motivazione, per avere la sentenza impugnata affermato che il primo giudice,
senza essere censurato sul punto dall'appellata, avesse comunque ravvisato la
prova dell'infedeltà, pur giungendo ad escludere l'addebito.
2. - E' infondata l'eccezione di difetto di
procura in capo al difensore della ricorrente, in quanto essa, come risulta
dall'originale dell'atto, è stata spillata al ricorso e reca una collocazione
anteriore alla relata di notifica, situazione che rende irrilevante l'errore
materiale dell'apposizione su pagina recante il numero "38", sebbene
posta fra il numero "40" ed il numero "41".
Infatti il requisito della materiale
congiunzione tra il foglio separato, con il quale la procura sia stata
rilasciata, e l'atto a cui essa accede, non si sostanzia nella necessità di una
cucitura meccanica, ma ha riguardo ad un contesto di elementi che consentano,
alla stregua del prudente apprezzamento di fatti e circostanze, di conseguire
una ragionevole certezza in ordine alla provenienza dalla parte del potere di
rappresentanza ed alla riferibilità della procura stessa al giudizio di cui si
tratta (cfr. Cass. 12 gennaio 2012, n. 336 e 19 dicembre 2008, n. 29785, fra le
molte).
Nel caso di specie il prudente
apprezzamento di fatti e circostanze consente di conseguire una ragionevole
certezza in ordine alla riferibilità della procura stessa al giudizio di cui si
tratta:
attesa la materiale congiunzione della
procura al ricorso, prima della relazione di notificazione.
3. - Il primo motivo è infondato.
La corte d'appello ha ritenuto non
riproposte, all'udienza di precisazione delle conclusioni in primo grado del 10
novembre 2011, la domanda di addebito della separazione e le istanze
istruttorie, dunque implicitamente rinunciate, argomentando anche dalla
contestuale concorde rinuncia al deposito delle comparse conclusionali,
dimostrazione dell'intento delle parti di tenere ferme le conclusioni già
formulate e, in particolare, per la M., la domanda di affido condiviso del
figlio, la collocazione del medesimo presso di sè e l'assegno di mantenimento
di Euro 1.200,00.
Essendo incontestato il mancato richiamo di
quelle domande ed istanze all'udienza, la corte d'appello ha fatto corretta
applicazione del principio consolidato, e da cui non vi è ragione di
discostarsi, secondo cui "la mancata riproposizione della domanda (o
eccezione) nella precisazione delle conclusioni comporta l'abbandono della
stessa, assumendo rilievo solo la volontà espressa della parte, in ossequio al
principio dispositivo che informa il processo civile, con conseguente
irrilevanza della volontà rimasta inespressa" (ad esclusione del caso di
pregiudizialità tecnico-giuridica tra le domande, ove solo sussiste la
presunzione di persistenza della domanda pregiudiziale non reiterata, salvo che
la parte interessata espressamente non vi rinunci e sempre che non sia
necessario, per legge, decidere la questione pregiudiziale con efficacia di
giudicato: da ultimo, Cass. 5 luglio 2013, n. 16840; Cass. 29 gennaio 2013, n.
2093; quanto alla rilevanza della non riproposizione delle istanze istruttorie,
cfr. Cass. 27 giugno 2012, n. 10748).
4. I rimanenti motivi del ricorso, che
possono essere trattati congiuntamente in quanto intimamente connessi, mirano a
censurare la decisione di addebito della separazione alla moglie (da cui la
conseguente esclusione del diritto all'assegno di mantenimento ex art. 156 c.c.).
Essi non possono trovare accoglimento.
La corte d'appello ha ritenuto: a) provata
la relazione extraconiugale della M., e b) che tale relazione fu la causa della
definitiva rottura del rapporto personale fra i coniugi.
4.1. - Sotto il primo profilo, la
ricorrente si duole del fatto che la corte territoriale abbia fondato il
proprio convincimento su di una relazione investigativa redatta da persona
incaricata dal marito, sulle fotografie in essa contenute e su alcuni tabulati
telefonici dal medesimo prodotti.
Quanto all'utilizzo della relazione
investigativa redatta da tecnico incaricato da una delle parti del giudizio, la
liceità di tale condotta è stata da questa Corte reiteratamente affermata:
così, nell'ambito dei rapporti di lavoro, ove è consentito al datore di
incaricare un'agenzia investigativa al fine di verificare condotte illecite da
parte dei dipendenti (fra le altre, Cass. 22 novembre 2012, n. 20613; Cass. 8
giugno 2011, n. 12489; Cass. 14 febbraio 2011, n. 3590; Cass. 22 dicembre 2009,
n. 26991, quest'ultima discorrendo della facoltà del datore di ricorrere ai
mezzi necessari ad assicurare la stessa sopravvivenza dell'impresa contro
attività fraudolente; Cass. 9 luglio 2008, n. 18821; Cass. 7 giugno 2003 n.
9167).
Nel contesto della materia familiare,
parimenti il ricorso all'ausilio di un investigatore privato è ammesso da
questa Corte, laddove ne ha soltanto dichiarato la non ripetibilità delle spese
(Cass. 12 aprile 2006, n. 8512; Cass. 24 febbraio 1975, n. 683).
Nella specie, la corte d'appello ha
ritenuto che la violazione del dovere di fedeltà, comprovata da tali documenti,
fosse poi anteriore (estate 2003) alla domanda di separazione (novembre 2003),
sulla base delle date risultanti dai tabulati telefonici e dalle fotografie:
dunque, essa ha attribuito rilievo a dati
del tutto oggettivi, non alle mere deduzioni dell'investigatore privato
incaricato.
Tale accertamento in fatto, essendo
adeguatamente motivato, non si presta pertanto ad alcuna censura da parte di
questa Corte.
4.2. - Sotto il secondo profilo, la
ricorrente si duole altresì del convincimento, raggiunto dalla sentenza
impugnata, secondo cui proprio tale adulterio fu la causa efficiente di
cessazione della tollerabilità della convivenza.
La corte del merito ha ritenuto l'idoneità
causale della relazione extraconiugale della M. ad incidere sul rapporto
coniugale, mentre non ha ravvisato la prova dell'anteriorità della crisi del
medesimo: ha evidenziato, da un lato, la durata e l'intensità della relazione
adulterina e, dall'altro lato, la non concludenza dei dati offerti dalla
responsabile circa i precedenti litigi dei coniugi e l'uso di camere separate.
Tali argomentazioni non si prestano a
censure, sotto il profilo del vizio di motivazione che solo può dedursi, al
riguardo, in questa sede, alla luce del principio secondo cui, in tema di
separazione giudiziale dei coniugi, si presume che l'inosservanza del dovere di
fedeltà, per la sua gravita, determini l'intollerabilità della prosecuzione
della convivenza, giustificando così, di per sè, l'addebito al coniuge
responsabile, salvo che questi dimostri che l'adulterio non sia stato la causa
della crisi familiare, essendo questa già irrimediabilmente in atto, sicchè la
convivenza coniugale era ormai meramente formale (da ultimo, Cass. 14 febbraio
2012, n. 2059; Cass. 7 dicembre 2007, n. 25618).
Ciò vuol dire che, a fronte dell'adulterio,
il richiedente l'addebito ha assolto all'onere della prova su di lui gravante,
non essendo egli onerato anche della dimostrazione dell'efficienza causale dal
medesimo svolta; spetta, di conseguenza, all'altro coniuge di provare, per
evitare l'addebito, il fatto estintivo e cioè che l'adulterio sopravvenne in un
contesto familiare già disgregato, al punto che la convivenza era mero
simulacro; ne deriva parimenti che, una volta accertato l'adulterio, la
sentenza che su tale premessa fonda la pronuncia di addebito è sufficientemente
motivata (così ancora la citata Cass. 14 febbraio 2012, n. 2059).
Dall'altro lato, l'anteriorità della crisi
matrimoniale all'accertata infedeltà non è stata positivamente accertata dalla
corte del merito, la quale, dopo attento esame di tutti gli elementi della
fattispecie emersi nel corso del giudizio, ha infine escluso che nel caso
concreto i fatti dalla responsabile allegati (litigi e l'abitudine di dormire
in camere separate) fossero indizi concludenti ed inequivoci della pregressa
situazione di intollerabilità della convivenza e della natura di mero simulacro
ed apparenza della medesima, posto che comunque essi non impedirono la
prosecuzione anche dei rapporti fra di loro.
Nella vicenda in esame, in conclusione, la
corte non ha ritenuto provati, con argomentazioni immuni da vizi motivazionali,
elementi idonei a retrodatare la situazione di intollerabile crisi a data
anteriore all'infedeltà della moglie.
5. - Le spese seguono la soccombenza e si
liquidano come nel dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la
ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate nella misura di Euro
4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese forfetarie ed
accessori, come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di
consiglio, il 8 aprile 2014.
Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2014